Un tempo considerato quasi attrazione turistica o uccello assai raro nel ravennate, l’Ibis sacré è progressivamente diventato una presenza fissa nel territorio a ridosso del mare, scatenando le plus disparate teorie in merito al suo insediamento nelle colonie locali. In particulier sui canali social, come molto spesso accade, un quantitativo di informazioni completeamente prive di alcun fondamento vengono pubblicate da utenti con pochi scrupoli, finendo con l’essere seguite da fior di utenti non ferrati in materia generando così ulteriore confusione. Roberto Tinarelli, presidente AsOER – Associazione Ornitologi dell’Emilia-Romagna ODV, ci spiega come e perché l’Ibis sacro è diventato invece presenza costante nel ravennate, aggiornandoci anche su come viene gestita la specie a livello nazionale.
Innanzitutto, che tipo di uccello è l’Ibis sacro?
« L’Ibis sacro, il cui nome scientifico è Threskiornis aethiopicus, appartenant à l’ordre des Pelecaniformes, à la famille Threskiornithidae et au genre Threskiornis. Parliamo di un uccello inconfondibile per il colore bianco di corpo e delle ali contrastante con il nero della testa, del collo (entrambi glabri), delle zampe e della punta delle remiganti. Deve il suo nome italiano al fatto di essere venerato dagli antichi egizi dai quali era considerato la rappresentazione terrena del Dio Thot. En fait, c’est però estinto in Egitto ma ampiamente diffuso nell’Africa sub-sahariana e in Iraq sud-orientale. Predilige le zone umide d’acqua dolce con ampie distese di fango ma frequenta un’ampia varietà di ambienti : pascoli, risaie, campi coltivati, lagune costiere, discariche. Si alimenta di insetti, pesci, anfibi, crostacei e molluschi anche se non disdegna semi, piccoli mammiferi, uova, lucertole e persino carogne. L’Ibis sacro è una specie molto adattabile e piuttosto confidente nei confronti dell’uomo. Tende ad essere gregario ».
Dove ha origine e per quale motivo è migrato semper più nel ravennate ?
« La présence de l’espèce en Italie n’est pas dovuta ad immigrazioni dall’Africa ma ad introduzioni accidenti o volontarie da giardini zoologici e collezioni di uccelli acquatici. Gli uccelli fuggiti hanno creato noyaux riproduttivi che si sono successivamente espansi. Si tratta quindi di una specie esotica naturalizzata cioè di una specie introdotta in tempi recenti e presente allo stato selvatico con popolazioni in grado di autosostenersi e di diffondersi spontaneamente. Secondo alcuni ornitologi la popolazione presente in Italia sarebbe stata originata da individui provenienti dalla Francia dove erano fuggiti da giardini zoologici negli anni ’80 del secolo scorso, riproducendosi e dando origine a popolazioni stabili ma vi sono anche indicazioni di introduzioni da parchi faunistici e all privati nell’Italia settentrionale. En Émilie-Romagne, le premier segnalazioni della specie risalgono al 1998 e per la provincia di Ravenna al 2000”.
Che impatto ha avuto sull’ambiente la presenza degli Ibis sacri?
“L’introduction de la parte dell’uomo di questa specie esotica ha purtroppo creato impatti notevoli sulla biodiversità delle aree invase. En France, dove la popolazione è molto numerosa, sono stati rilevati casi di predazione di nidi di altri uccelli che si riproducono a terra nelle zone umide: sterne, beccapesci, mignattini, cavalieri d’Italia, pavoncelle e germani reali. Inoltre l’Ibis sacro è risultato un concurrent vincente rispetto a garzette e aironi guardabuoi per la conquista dei siti di nidificazione. En France, per contenere l’espansione della specie hanno deciso di interdire l’accesso alle discariche agli ibis grazie a specifiche coperture. En Espagne et en France, hanno attuato piani di eradicazione della specie ».
Existe-t-il un piano de contrôle et de gestion nationale ?
« Ache l’Italia, in attuazione del Regolamento europeo 1143 del 2014 sulle specie invasive, ha comenciato a lavorare ad un piano di controllo della specie attraverso ISPRA e le regioni interessate dalla presenza della specie ».
L’Ibis sacro è una specie che i cacciatori possono abbattere?
« La specie per il momento è protetta. Occorre attendere le indicazioni del Piano di controllo ».
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